Submission Date: 2020-02-03
Review Date: 2020-02-17
Pubblication Date: 2020-03-02
Abstract:
L’articolo presenta il report di una ricerca sul tema dell’identità (IP) dell’Educatore professionale (EP), identificandone alcuni tratti essenziali che sono stati sottoposti all’opinione dei professionisti. Concettualizzare, individuare una tecnica di rilevamento e misurazione, valutare se esista un’identità professionale diffusa tra i professionisti EP in Italia, sono state le tre domande di ricerca.
Un campione di 1579 Educatori professionali ha compilato un questionario “on-line” fornendo utili suggerimenti per comprendere i tratti distintivi dell’identità di questo professionista. È stato proposto un modello di IP come variabile unidimensionale, costituito da quattro sottodimensioni, dodici elementi qualificanti e trentadue item d’indagine. La validazione del questionario, con tecniche psicometriche moderne, ha consentito di costruire una scala di misurazione dell’identità professionale dell’Educatore denominata Id-Prof_EP-32.
Successive ricerche condotte anche su differenti professioni con l’utilizzo del medesimo strumento e modello di riferimento potrebbe consentire lo sviluppo di una riflessione condivisa sul tema dell’identità professionale, tratto distintivo e motore di sviluppo delle professioni in ambito riabilitativo.
Introduzione
Identità personale, sociale e professionale
Alla base della ricerca che intendiamo presentare, poniamo una riflessione di O’ Bryant [1], secondo la quale una profonda comprensione dell’identità professionale a livello individuale può influenzare un’identità collettiva sinergica e il futuro di una professione.
Secondo la definizione da vocabolario [2] l’identità è un termine filosofico indicante in generale “l’eguaglianza di un oggetto rispetto a sé”; secondo la definizione enciclopedica [3] l’identità in psicologia è “una delle caratteristiche formali dell’io che avverte la propria uguaglianza e continuità nel tempo come centro del campo della propria coscienza; è il senso e la consapevolezza di sé come entità distinta dalle altre e continua nel tempo”.
Secondo la prospettiva sociale vi sono principalmente due tipi d’identità: quella sociale e quella personale. L’identità personale, definita anche individualista, privata e idiocentrica, analizza i diversi processi che attivano gli individui per conoscere se stessi. Essa può assumere connotati positivi o negativi a seconda che i soggetti mostrino un alto o basso concetto di sé, dunque una buona o negativa autostima. In funzione di quest’ultima, le persone decidono di appartenere o no a un determinato gruppo. L’identità sociale, chiamata anche collettiva o allocentrica, è definita come la parte del sé che deriva dalla consapevolezza di appartenere a un gruppo sociale dotato di diritti, doveri, risorse e prescrizioni di comportamenti specifici. L’identità professionale è una componente importante dell’identità sociale [4].
La rappresentazione di sé può quindi essere disaggregata nelle sue due componenti: personale e sociale. La prima, attiene a quell’insieme di caratteristiche che l’individuo pensa di possedere (attitudini, capacità, atteggiamenti, potenzialità) ed è costruita sulla base del vissuto personale filtrato attraverso schemi interpretativi soggettivi. La seconda, gli deriva dalla consapevolezza di appartenere a un determinato gruppo sociale e al peso valoriale che a esso attribuisce all’interno di una struttura sociale complessa; l’identità professionale ne è quindi una sua significativa componente [5].
È attraverso questi complessi processi, fortemente intrecciati con dinamiche relazionali, che si formano l’autostima, la percezione di autoefficacia e il locus of control, elementi essenziali nel determinare i nostri comportamenti e le nostre aspettative [5].
La scelta professionalee del relativo percorso di formazioneè sicuramente un aspetto centrale della “costruzione di sé” di un individuo. È una scelta in cui il piano razionale s’intreccia fortemente a quello più inconsapevole dei sentimenti d’identità, delle rappresentazioni immaginarie del futuro lavoro e delle relative intime aspettative personali [5].
L’identità professionale (IP) è un divenire, un processo dinamico di elaborazioni e rielaborazioni delle esperienze che coinvolge sia la persona sia il contesto. Essa si configura come un sistema evolutivo che si sviluppa con il tempo e categorizza un individuo come membro di una precisa professione. L’identità professionale comprende:
- la comprensione dei ruoli e delle responsabilità;
- il senso di soddisfazione e orgoglio nel campo scelto;
- la presentazione e l’immagine che si ha della professione
Pertanto in accordo con Brott e Myers avere una bassa IP può influenzare la qualità del lavoro [6].
L’identità professionale si costruisce prevalentemente attraverso un percorso autodiretto, cheimplica la capacità della persona di ridefinirsi continuamente integrando dimensioni diverse, persino a volte in conflitto fra loro e che derivano dalle multi appartenenze che essa sperimenterà sempre di più nel corso della propria vita lavorativa. Non più soltanto ancorata allo specifico contesto organizzativo o allo specifico ruolo, l’IP trae alimento da vocazioni e attitudini del soggetto, dalla sua capacità di abbandonare ciò che del passato non serve più e rielaborare ciò che può essere utile, dalla sua capacità di autosviluppo e autoapprendimento continui. La persona, una volta accettata e metabolizzata l’incertezza, cercherà sempre più nelle comunità di pratica e nella rete i riferimenti di cui ha bisogno [7].
Denominazione e identità dell’Educatore professionale: Social work, Social Educator o Social and Health Educator?
In un articolo del 2011, Dario Fortin [8], nell’indagare la dimensione europea dei social worker (contenitore professionale di denominazione anglosassone nel quale si collocano le figure degli Educatori professionali e degli Assistenti Sociali) afferma, citando Lorenz, che il lavoro sociale ha una storia d’incertezza e di continuo cambio e trasformazione d’identità; gli educatori sociali entrano in questa complessa situazione europea con una lunga storia, ma con un’identità professionale debole dovuta a una riflessione epistemologica recente (studio critico della natura e dei limiti della conoscenza scientifica, con particolare riferimento alle strutture logiche e alla metodologia delle scienze), in conseguenza di notevoli ritardi del mondo politico e accademico nel campo dell’educazione sociale e sanitaria. L’articolo esplora inoltre, con un’interessante tabella riassuntiva “Different names in Europe”, almeno nove diverse denominazioni in Europa della figura analoga all’Educatore Professionale, costituendone una fonte di ricchezza rispetto alle diverse culture e lingue di provenienza, ma altresì una fonte di debolezza in termini di denominazione professionale condivisa.
La comunità internazionale degli Educatori, che ha come organismo di rappresentanza l’AIEJI[1],identifica nella denominazione “Social Educator” il denominatore comune delle diverse esperienze nazionali; il mondo a idioma ispanico-portoghese si allinea a tale denominazione, nei lavori presenti in letteratura; quello a idioma anglosassone meno, facendo spesso ricorso alla denominazione ombrello del “social worker”. Nell’esperienza italiana si va consolidando, anche sul piano normativo, la denominazione di Educatore professionale, con la prerogativa di circoscrivere competenze professionali d’intervento sui bisogni sociali e sanitari della popolazione. La denominazione “Social Health Educator” (SHE), proposta da Fortin, è un tentativo di rappresentare questa specificità nazionale al consesso internazionale. Il lavoro mette in luce rilevanti conseguenze in termini di diffusione e costruzione di cultura e identità comune attraverso la ricerca e le pubblicazioni scientifiche, evidenziando tuttavia l’attuale ridotta produzione bibliografica sulla figura professionale che va assolutamente colmata con un serio e rigoroso programma di ricerca nazionale.
L’Educatore Professionale in Italia
Sul piano normativo [9] la figura dell’Educatore professionale è identificata per la prima volta in Italia con il Decreto minesteriale 10 febbraio 1984 [10] e in seguito con il Decreto ministeriale 8 ottobre 1998, n.520 [11]. Dagli anni ’80 si è avviato, quindi, un capillare piano di formazione nazionale presso strutture e centri regionali preposti; con il processo di evoluzione e riforma delle professioni sanitarie, la formazione di questo professionista è attribuita all’Università alla Facoltà/Scuola di Medicina e Chirurgia. In parallelo e in coerenza con la propensione alla formazione di figure educative, l’ex Facoltà di Pedagogia (oggi Scienze della formazione e dell’educazione) ha sostenuto propri corsi di laurea per Educatori professionali extrascolastici o educatori sociali; di recente, con alcuni commi delle leggi finanziarie 2018 e 2019 [12], il legislatore italiano ha individuato le figure dell’Educatore professionale sociopedagogico e quella di EP sociosanitario: il primo come nuova qualifica e il secondo riconducibile alla professione definita dai Decreti ministeriali della Sanità. L’Educatore Professionale [11] è definito come “l’operatore sociale e sanitario che, in possesso del diploma universitario abilitante, attua specifici progetti educativi e riabilitativi, nell’ambito di un progetto terapeutico elaborato da un’equipe multidisciplinare, volti a uno sviluppo equilibrato della personalità con obiettivi educativo/relazionali in un contesto di partecipazione e recupero alla vita quotidiana; cura il positivo inserimento o reinserimento psico-sociale dei soggetti in difficoltà”. La qualifica dell’Educatore professionale socio pedagogico è definita come figura che “opera nel campo educativo, formativo e pedagogico, in rapporto a qualsiasi attività svolta in modo formale, non formale, nelle varie fasi della vita, in una prospettiva di crescita personale e sociale; opera nei servizi e nei presidi socio educativi e socio assistenziali, nei confronti di persone di ogni età, prioritariamente nei seguenti ambiti: educativo e formativo, scolastico, socio assistenziale limitatamente agli aspetti socio educativi, della genitorialità e della famiglia, culturale e giudiziario, ambientale, sportivo e motorio, dell’integrazione e della cooperazione internazionale” [12].
In Italia si è determinata pertanto, con una sovrapposizione tra norme, una situazione nella quale la professione è divisa in due anime, formata in due percorsi di laurea distinti nonostante la sua natura sociale e sanitaria ben descritta nel profilo del 1998. La via dell’integrazione del profilo e della sua formazioneè un passaggio inevitabile da compiere nei prossimi anni. La struttura normativa dell’integrazione socio-sanitaria, che già prevede un contenitore nell’ambito sanitario e chiari riferimenti nelle norme “quadro” del Welfare, sembra essere lo spazio più coerente di ricomposizione di questa figura professionale [13].
Questa condizione d’incertezza normativa e formativa si riflette pesantemente sui professionisti, creando conflitti intra professionali, senso di disorientamento, dubbi sull’identità professionale. Gli autori Barley e Tolbert [14] suggeriscono ai ricercatori sull’identità professionaledi cercare le forze esogene che creano modificazioni dell’assetto, ad esempio cambiamenti nella tecnologia, nuovi regolamenti o leggi, importanti cambiamenti economici, ecc.
Lo studio del “Core Competence” della professione [15] è un tentativo sistematizzato di descrivere funzioni, attività e competenze dell’EP e ha individuato come target di utenza di questo professionista minori con disagio, adulti fragili in difficoltà e anziani non autosufficienti, persone con disagio psichico, dipendenza patologica, disabilità. In estrema sintesi, le funzioni e attività specifiche individuate sono la pianificazione d’interventi educativi rivolti al singolo o a gruppi, educazione e riabilitazione sociale, la funzione di organizzazione e gestione di strutture e risorse, le attività di formazione e ricerca. In coerenza con il modello di costruzione dei profili professionali, identificato da J-J Guilbert nella sua “Guida pedagogica” [16], sono state identificate inoltre le competenze nei campi intellettivo e della comunicazione interpersonale, necessarie per l’esercizio di questa professione.
L’Educatore Professionale secondo ISTAT
L’ISTAT, nella sua classificazione delle professioni [17] enuclea il concetto di professione, intesa “come un complesso di attività lavorative concrete, unitarie rispetto all’individuo che le svolge, che richiama, a vari livelli, statuti, conoscenze, competenze, identità e sistemi di relazione propri”. Secondo il criterio della competenza, ISTAT delinea un sistema classificatorio articolato su 5 livelli di aggregazione gerarchici; l’educatore professionale è definito in questo sistema, con un proprio codice (3.2.1.2.7) ed una relativa declaratoria, come: “professione tecnica, nelle scienze della salute e della vita; tecnici della salute; professioni sanitarie riabilitative; educatore professionale”. Esiste inoltre un secondo aggregato (3.4.5.2.0) con la seguente declaratoria: “professione tecnica, del reinserimento e dell’integrazione sociale”. Come esempi di professioni ricondotte a questa seconda fattispecie, sono citate: “addetto all’infanzia con funzioni educative, assistente di atelier per bambini, assistente per le comunità infantili, educatore professionale sociale, esperto assistenza anziani attivi, esperto reimpiego pensionati, esperto reinserimento ex carcerati, mediatore interculturale, tecnico per l’assistenza ai giovani disabili, tecnico della mediazione sociale”.
Il capitolo delle Professioni tecniche, secondo ISTAT, riporta questa specifica introduzione: vanno inquadrate in questo grande gruppo “le professioni che richiedono conoscenze tecnico-disciplinari per selezionare e applicare operativamente protocolli e procedure – definiti e predeterminati – in attività di produzione o di servizio”. I principali compiti ai quali sono chiamate a rispondere le professioni tecniche richiedono esperienza e conoscenza di principi e pratiche necessarie ad assumere responsabilità operativa e a coadiuvare gli specialisti del secondo grande gruppo in ogni ambito disciplinare. [17]
Metodologia e materiali
Indagare l’identità dell’Educatore professionale.
Secondo quanto illustrato in premessa, l’Identità si compone di due parti: quella personale e quella sociale. L’Identità professionale fa parte di quella sociale, definita come la parte del sé che deriva dalla consapevolezza di appartenere a un gruppo sociale dotato di diritti, doveri, risorse e prescrizioni di comportamenti specifici [4] e comprende [6]: la comprensione dei ruoli e delle responsabilità; il senso di soddisfazione e orgoglio nel campo scelto; la presentazione e l’immagine che si ha della professione.
Ricostruite l’incertezza normativae formativa sulla figura dell’Educatore professionale in Italia che si riflettono pesantemente sui professionisti, creando conflitti intra professionali, senso di disorientamento e dubbi sull’identità professionale, con l’intento di indagare il tema dell’identità professionale degli EP in Italiaabbiamo cercato in letteratura questionari utili allo sopo. Nell’articolo “Measuring professional identity: a review of the literature and a multilevel confirmatory factor analysis of professional identity constructs” Barbour e Lammers [18] hanno definito una strategia per “misurare” l’identità professionale legata a logiche istituzionali (credenze, senso di appartenenza). L’approccio utilizzato è multidimensionale e multilivello ed è stato svolto su un campione di 8.887 medici che lavorano in diverse istituzioni degli Stati Uniti. Lo strumento utilizzato dai ricercatori americani è un questionario a 44 item che ha fissato 6 livelli di identità professionale: Impegno professionale, Autonomia professionale, Autoregolamentazione, Modelli economici dei Servizi di Welfare e di cura della Salute, Organizzazione della gestione nei Servizi, Autonomia e competenze avanzate.
Il nostro gruppo di ricerca ha preso contatto con i ricercatori americani e chiesto di poter utilizzare, con una traduzione e un adattamento dell’originale, una parte dei quesiti di ricerca.
Il gruppo di ricerca ha deciso, inoltre, di consultare un gruppo di esperti della professione in Italia (Docenti nei Corsi di Laurea per EP, ricercatori, quadri associativi dell’ANEP[2], ecc.), attraverso uno scambio di corrispondenza circolare, chiamandoli a riflettere sul tema dell’Identità della professione. Le considerazioni emerse da questa consultazione, di seguito elencate, sono state tenute in considerazione per la definizione del questionario d’indagine:
- Responsabilità etica, deontologica, civile, penale e amministrativa;
- Responsabilità, referenza, coordinamento, di servizi in concomitanza con la gestione diretta di casi;
- Responsabilità verso la professione (Codice Deontologico dell’EP, ANEP) nelle attività di formazione e ricerca;
- Responsabilità verso la Società e la Comunità (Codice Deontologico dell’EP, ANEP) nell’essere agenti e promotori di giustizia sociale;
- Conoscenza, identificazione e pratica dei principi del Codice Deontologico della professione;
- Efficacia della formazione nella costruzione d’identità professionale;
- Identità e collegamento con l’autobiografia;
- Motivazione, dimensione etica, valori, autenticità, relazione, passione;
- Giustizia sociale, diritti umani, responsabilità verso la collettività, cambiamento e sviluppo sociale.
Dalla consultazione è emerso il forte richiamo ai temi etici e deontologici riguardo all’identità professionale. La responsabilità verso gli utenti, verso la Comunità delle persone e la Società in genere e la professione stessa,sono elementi presenti nel Codice deontologico dell’EP [19]. Autobiografia, autenticità, relazione di cura e valori sono gli elementi che completano il quadro.
Domande di ricerca
Attraverso lo studio della letteratura sul tema dell’identità, il nostro gruppo di ricerca ha formulato i seguenti quesiti di ricerca:
- E’ possibile individuare i tratti essenziali dell’Identità professionale dell’Educatore Professionale?
- E’ possibile misurare l’Identità professionale dell’Educatore Professionale?
- Esiste un’identità professionale diffusa tra i professionisti EP in Italia?
Identità professionale dell’EP – Variabile unidimensionale, sottodimensioni (SD) ed elementi qualificanti (EQ).
Il gruppo di ricerca ha scelto di considerare l’identità professionale dell’EP come variabile unidimensionale e ha identificato alcune sottodimensioni come suggerito dalla letteratura. Sono state inizialmente identificate tre sottodimensioni del costrutto IP, ognuna delle quali ricomprende alcuni elementi qualificanti.
1) SD – Consapevolezza di sé che comprende:
- Autostima (EQ);
- Soddisfazione e orgoglio del campo scelto (EQ);
- Percezione di efficacia (EQ);
- Locus of control (grado di controllo percepito da ogni individuo sugli eventi della propria vita) (EQ).
2) SD – Interessi e attitudini del professionista, che comprendono:
- Autosviluppo e Autoapprendimento (abbandonare ciò che non serve e acquisire ciò che può essere utile) (EQ);
- Assumere la comunità di pratiche e la rete come riferimento per sé (EQ);
- Immagine che si ha della professione (EQ).
3) SD – Senso di appartenenza a un gruppo sociale che comprende:
- Diritti, doveri e prescrizioni. Responsabilità etiche e deontologiche (EQ);
- Comportamenti specifici (EQ).
In coerenza con il lavoro di Barbour e Lammers [18] abbiamo deciso di aggiungere una quarta dimensione che abbiamo chiamato “competenze di base e avanzate” che comprende elementi, ritenuti coerenti per l’indagine e non riconducibili alle precedenti aree.
4) SD – Competenze di base e avanzate che comprendono:
- Autonomia professionale (EQ);
- Autoregolamentazione (EQ);
- Competenze avanzate (EQ).

Nella figura è rappresentata la variabile unidimensionale “identità professionale” per com’è stata concettualizzata. In particolare si evidenziano le quattro sottodimensioni (SD) della variabile che sono state individuate, con i relativi elementi qualificanti (EQ).
Per ciascuna di queste sottodimensioni ed elementi qualificanti, il passaggio successivo è stato quello di identificare alcune affermazioni, trasformate in item, con le quali andare a “misurare” la variabile identità professionale in modo “unidimensionale”, generando un questionario a 32 item da pubblicare on-line sul sito internet dell’ANEP – Associazione Nazionale Educatori Professionali[3]. Ad eccezione di due domande a risposta si/no e di una a testo libero, tutte le altre domande del questionario avevano come sistema di punteggio una scala tipo Likert a 4 livelli: molto d’accordo – abbastanza d’accordo – poco d’accordo – per niente d’accordo.
Questionario d’indagine: costruzione, somministrazione, validazione
Il gruppo di ricerca ha costruito il questionario per l’indagine, mutuando con adattamento al contesto italianoalcune affermazioni del lavoro di Barbour e Lammers [18], alle quali ne sono state aggiunte altre desunte dalle dichiarazioni raccolte nella consultazione effettuata con gli esperti della professione (Docenti nei Corsi di Laurea per EP, ricercatori, quadri associativi dell’ANEP).
Le affermazioni sull’IP sono state corredate da una premessa sull’obiettivo dell’iniziativa (premessa al questionario) e da una serie di altre informazioni richieste ai professionisti di tipo anagrafico, di titolo di studio e carriera professionale, di settore d’impiego, utili alla correlazione dei dati raccolti.
Il questionario non ha previsto forme d’identificazione dei partecipanti ed è stato compilato in forma anonima on line. I partecipanti hanno dovuto sottoscrivere l’assenso al trattamento dei propri dati personali.
Attraverso lo strumento informatico “JotForm” il questionario è stato pubblicato sul sito www.anep.it e aperto alla compilazione nel periodo 25 maggio – 25 giugno 2019. E’ stata eseguita contestualmente una “call” agli EP italiani, attraverso i principali strumenti d’informazione: news sulla home page del sito ANEP, newsletter iscritti ANEP, social network (facebook, whatsapp, twitter), altre liste di distribuzione di associazioni di educatori.
Validazione interna del questionario sull’identità professionale (Id_Prof-EP-32)
Al fine della validazione interna del suddetto questionario, sono state condotte le seguenti analisi statistiche:
- Statistiche descrittive e classiche dei singoli item e del questionario raccolti sul campione disponibile, tra cui l’analisi delle frequenze delle categorie di risposta per ciascun item, dei dati mancanti, delle correlazioni inter-item, della correlazione item-scala e della consistenza interna di affidabilità;
- Rasch analysis – Il set di item raccoltoè stato sottoposto a Rasch analysis per testare la conformità ai requisiti del Rasch model [20]. Questo modello matematico afferma che è atteso che un soggetto con una certa quantità di variabile latente (es. identità professionale) oltrepassi un item rappresentante un livello associato ad una minore quantità di ID e non oltrepassi item rappresentanti quantità maggiori, in questo caso, di ID [21, 22] Nel contesto della Rasch analysis, basata qui sulla parametrizzazione “partial credit” del modello, vengono testati i seguenti requisiti: indipendenza locale degli item, ordine stocastico degli item e unidimensionalità [21]. Quando questi requisiti sono disattesi, viene intrapresa una fase iterativa che comprende delle modifiche degli item volte al raggiungimento di una soluzione che soddisfi sia le attese che i requisiti del modello, seguita da una riverifica dell’aderenza al modello dopo ogni ciclo di modifica, come è descritto in dettaglio in altri studi [20, 23] [24, 25]. Alla fine del processo, se i dati soddisfano i requisiti del Rasch model, il punteggio totale grezzo derivante dalla somma degli item della scala è trasformato in vera e propria misura su scala intervallare, la cui unità di misura è il logit.
Note statistiche, software e informazioni sulle dimensioni del campione
L’analisi delle statistiche descrittive e classiche per i soggetti e gli item, è stata realizzata utilizzando il software SPSS Statistics 17.0 for Windows.
La Rasch analysis è stata condotta utilizzando il software RUMM2030 (versione 5.4 for Windows). Nel contesto di tale analisi, una dimensione del campione di 1579 osservazioni è in grado di stimare la difficoltà degli item con un errore α di 0,01 < ± 0,5 logits, senza dover considerare il targeting dei soggetti agli item [26]. E’ stato utilizzato un valore di significatività statistica di 0,05 ed è stato aggiustato per il numero dei test attraverso la correzione di Bonferroni [27].
Risultati e Discussione
Il questionario è stato aperto alla compilazione nel periodo 25 maggio – 25 giugno 2019. Nei 31 giorni sono state 1731 le compilazioni online, attraverso lo strumento “JotForm[4]” con una media di 56 compilazioni al giorno e 820 nelle prime 48 ore.
Il gruppo di ricerca ha valutato positivamente la diffusa risposta della popolazione consultata che denota la rilevanza dell’argomento, la curiosità e l’interesse per le consultazioni dirette dei professionisti.
Attraverso una scala a cinque livelli, gli intervistati alla fine della compilazione sono stati chiamati a esprimere un giudizio complessivo di soddisfazione sul questionario. Il 96% circa dei compilatori ha espresso un proprio giudizio: di questi, il 64% ha espresso valori di apprezzamento di 4 e 5, mentre solo il 2%un valore minimo di 1.
Caratteristiche del campione
Il questionario è stato somministrato in forma anonima, malo strumento di raccolta dei questionari “on–line” registrava tuttavia l’IP del compilatore (IP – Internet Protocol Address – che identifica univocamente l’host cui l’indirizzo è assegnato). Durante la prima analisi del dataset sono emerse 181 posizioni da esaminare poiché multipli dello stesso IP.
Abbiamo adottato i seguenti criteri di esclusione:
1) tutti questionari multipli compilati dallo stesso IP sono stati eliminati;
2) tra i 30 questionari compilati due volte dallo stesso IP, ma uguali nei contenuti, ne è stato considerato solo uno dei due;
3) il questionario con IP 87.16.60.64 è stato eliminato poiché c’era difformità nella risposta standard della domanda 10.
In conclusione sono stati 152 i questionari eliminati e il campione della ricerca si è attestato sulle 1579 osservazioni di altrettanti soggetti. La Tabella 1 riporta le principali caratteristiche del campione.
Variabile | n | % |
Genere Donna Uomo | 1240 339 | 78,5 21,5 |
Età media (39,6 anni) Donna Uomo | 1239 339 | 38,0 (med) 45,1 (med) |
Area geografica di provenienza Nord-Ovest (Piemonte, Valle d’Aosta, Liguria, Lombardia) Nord-Est (Trentino, Veneto, Friuli, Emilia Romagna) Centro (Toscana, Umbria, Marche, Lazio) Sud e Isole (Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia, Sardegna) | 746 373 267 193 | 47,2 23,6 16,9 12,2 |
Titolo di studio Laurea in Educazione professionale L/19 Lauree equipollenti a L/19 (Pedagogia, Scienze dell’educazione, vecchio ordinamento) Qualifica di Educatore professionale socio pedagogico (ex Legge 205/2017) Titoli equipollenti (ex Legge 42/99) Laurea in Educazione professionale L/Snt2 Altro | 831 233 63 354 12 86 | 52,6 14,8 4,0 22,4 0,8 5,4 |
Titoli per Raggruppamento Educatore professionale socio pedagogico Educatore professionale socio sanitario Altro | 1127 366 86 | 71,4 23,2 5,4 |
Anzianità di Servizio Fino a 5 anni Tra 5 e 10 anni Tra 11 e 20 anni Oltre 20 anni ND | 407 341 416 413 2 | 25,8 21,6 26,3 26,2 0,1 |
Aree d’impiego Minori Disagio adulti e marginalità sociali Anziani Dipendenze patologiche Disabilità Salute mentale | 473 93 95 110 514 293 | 30,0 5,9 6,0 7,0 32,6 18,6 |
Nella tabella sono mostrate le informazioni demografiche dei partecipanti (n=1579).
Il campione è suddiviso per genere con 1240 donne (78,5%) e 339 uomini (21,5%) in un rapporto di circa 4 a 1. Questo dato conferma che è il genere femminile a preferire la professione di EP ed è abbastanza in linea con la distribuzione nel mondo dei servizi rivolti alle persone: da una recente ricerca a cura di INAPP [28] “Terzo Settore e Servizi di welfare”, su un totale di 454.382 addetti, emerge che tra le unità di personale retribuito dei servizi sociali il 77,2% è costituito da donne.
L’età media del campione è 39,6 anni: più bassa (38 anni) per il genere femminile, più alta (45,1 anni) per quello maschile.
La distribuzione del campione per aree geografiche del Paesevede il nord con il 70,8%, il centro con il 16,9%, sud e isole con il 12,2%. Spiccano i dati di compilazione della regione Lombardia con 459 questionari (29,1%), del Piemonte con 229 (14,5%), del Veneto 152 (9,6%) e il Lazio 121 compilazioni (7,7%).
Dalla distribuzione del campione pertitolo di studio emerge la prevalenza di titoli riconducibili alla qualifica di Educatore professionale socio pedagogico con 1127 questionari (71,4%) a fronte di 366 (23%) riconducibili all’Educatore professionale socio sanitario.
Rispetto all’anzianità di servizio si rileva l’interesse dei “neo laureati” (anzianità 1-5 anni) che evidentemente sentono importante il tema dell’Identità professionale.
La distribuzione per aree d’impiego fa emergere come prevalente il settore della disabilità (32,6%), il lavoro con i minori (30%) e quello della salute mentale (18,6%).
Analisi dei dati per singola sottodimensione (SD) ed elemento qualificante (EQ)
Consapevolezza di sé (SD)
Autostima (EQ)
Il campione si percepisce al 95% come facente parte di una professione competente; inoltre, pressoché con le stesse percentuali, ritiene allineate le proprie convinzioni ai valori della professione. Complessivamente si può affermare che il livello di autostima delle persone che scelgono la professione di EP è alto, dunque c’è la percezione di un alto concetto del sé – inteso come nucleo della propria personalità e principio superiore dell’individuo. Secondo tale elemento, la letteratura ci ricorda [4] che le persone decidono di appartenere o no a un determinato gruppo.
Soddisfazione e orgoglio del campo scelto (EQ)
Il livello di soddisfazione dei risultati professionali, secondo l’indagine, è mediamente alto, ma il 9% dichiara di sentirsi poco o per niente soddisfatto. Il grado di soddisfazione maggiore si rileva tra i professionisti impegnati nelle aree “anziani” e delle “dipendenze patologiche”. L’85% del campione dichiara di provare fastidio per chi non riconosce la professione, mentre il 15% non è toccato da tale fenomeno (o lo è solo in parte). Nel complesso emergono una netta soddisfazione e orgoglio rispetto al campo di lavoro scelto, tassello di base dell’identità professionale.
Percezione di efficacia (EQ)
Il 97,5% del campione dichiara il proprio accordo nel sentirsi, con il proprio lavoro, attore di sviluppo di una Società più giusta e inclusiva. Sull’affermazione “sono convinto che la professione di EP possa essere un agente positivo del cambiamento di storie individuali meno fortunate” il campione risponde positivamente al 98%, segnale importante che rileva come questa professione sia concentrata sulla singola persona e sui suoi bisogni. Questi ultimi due item fanno riferimento alla percezione di efficacia del professionista, pertanto emerge una coscienza professionale molto impegnata nel cambiamento delle storie di vita.
Locus of control (EQ)
L’8% del campione si dichiara poco o per niente d’accordo nell’individuare nella formazione di base lo start iniziale della costruzione della propria identità professionale, mentre il 32,5% e il 58,8% è abbastanza o completamente d’accordo nel valore della formazione come starter iniziale. Rispetto al tema della passione e del coinvolgimento come tratti necessari della propria professionalità, rispondono positivamente l’88,7% e negativamente l’11,3%. L’andamento di questo item tende a diminuire con l’anzianità di servizio: positivo per il 69,7 tra i giovani e per il 44% tra le persone con più anni di anzianità. I due item sono stati costruiti sul concetto – suggerito dalla letteratura [5] – di locus of control, in altre parole il grado di controllo percepito da ogni individuo sugli eventi della propria vita.
Interessi e attitudini del professionista (SD)
Autosviluppo e Autoapprendimento (EQ)
L’80,1% del campione ritiene che la convergenza tra le scienze dell’educazione e della riabilitazionecompleti la formazione dell’EP; per niente (4%) o poco (16%) d’accordo coloro che non lo ritengono un tratto migliorativo della propria formazione. Medesima è la distribuzione di opinione tra le persone con diversi titoli di studio: non appaiono, infatti, differenze rilevanti nelle risposte all’item. Il feedback dai colleghi di lavoro, come forma di sviluppo professionale, riscuote invece percentuali inequivoche: 95,6% del campione si dichiara aperto al confronto e alla critica. Circa la metà del campione si dichiara poco o per niente d’accordo sul fatto che senza una formazione permanente la scelta verso la professione potrebbe essere messa in discussione. Questi tre item si riconducono ai concetti di autosviluppo e autoapprendimento, legati alla competenza – intellettiva e della relazione interpersonale – dell’abbandonare ciò che non serve e acquisire ciò che può essere utile per il proprio sviluppo professionale.
Assumere la “comunità di pratiche” e la rete, come riferimento per sé (EQ)
L’88% del campione s’identifica positivamente nella comunità degli EP a fronte dei restanti che hanno dei dubbi (10,3% poco e 1,6% per niente d’accordo). Correlando questo item con le età, si osserva che i professionisti con più anni di servizio si sentono maggiormente parte della comunità, in cui s’identificano positivamente. Il 92,7% si dichiara sereno nell’accettare modelli educativi e metodologie di lavoro portati dalle nuove generazioni. I risultati ai due item lasciano pochi dubbi rispetto a quanto i professionisti assumano la comunità di pratiche come riferimento per sé.
Immagine che si ha della professione (EQ)
Item “febbrile” rispetto ai conflitti intraprofessionali in atto: alla domanda “Indipendentemente dalla formazione, gli EP sono collegati tra loro da un corpo comune di esperienze concrete” si dichiara d’accordo il 76,5% e poco o per niente d’accordo il 23,5%. Sullo sfondo di questa divergenza soggiace la questione del doppio canale formativo degli EP che sta segnando profondamente l’identità dei professionisti. Il 76,7% degli intervistati, ritiene infatti che il doppio profilo di EP incida negativamente sull’identità della professione. I due item possono essere considerati “termometro” dell’immagine che si ha della professione, segnalando la necessità di intervenire presto per evitare conseguenze nefaste (Figure 2 e 3).


Senso di appartenenza a un gruppo sociale (SD)
Diritti, doveri e prescrizioni. Responsabilità etiche e deontologiche (EQ)
4 persone su 5 dichiarano di essersi aggiornati, negli ultimi tre mesi, sulle novità e sui cambiamenti in ambito normativo della professione. Tale percentuale positiva scende al 67% quando le persone devono dichiarare se si sono aggiornate, sempre negli ultimi tre mese, sulle nuove metodologie adottate in ambito educativo e/o riabilitativo. Il 97,1 % dichiara invece di riconoscersi nel Codice deontologico[5] della professione. L’87,6% si dichiara responsabile nei confronti della professione e ricerca occasioni pubbliche per promuoverla. Analoga domanda rivolta invece al senso di responsabilità nei confronti delle persone di cui ci si occupa, riporta una percentuale positiva al 98,1%. Questi 5 item fanno parte del raggruppamento diritti, doveri e prescrizioni; responsabilità etiche e deontologiche”. Complessivamente, quindi, possiamo affermare che i professionisti sono positivamente orientati verso l’assolvimento degli obblighi professionali.
Comportamenti specifici (EQ)
La conoscenza del proprio ruolo e la differenziazione dalle altre figure dell’equipe è condivisa dal 95,7% dei partecipanti all’indagine. Molto interessante è stata la distribuzione del campione sulla domanda che ha testato se alla partecipazione attiva sui social network le persone attribuiscono una funzione di crescita professionale: per niente (9,3%) o poco (34,2%) – abbastanza (41%) o completamente (15,5%) d’accordo. Una persona su due ha utilizzato, negli ultimi tre mesi, pubblicazioni scientifiche per aggiornare la propria attività professionale (Figura 4).

Competenze di base e avanzate (SD)
Autonomia professionale (EQ)
Oltre il 93% dichiara di sentirsi a proprio agio nella pratica professionale quando è responsabile del piano educativo e/o riabilitativo che sta portando avanti. Il grado di indipendenza nella scelta dei tempi di attuazione del programma degli interventi pianificatovede il 66,9% abbastanza libero di prolungare i programmi sulla base delle sue valutazioni, mentre il 33,1% risulta vincolato da scelte altrui. Oltre il 90% del campione utilizza con un “buon grado di autonomia” strumenti professionali e procedure che ritengono appropriate all’intervento. Complessivamente il grado di autonomia professionale è alto e prevede un contingentamento solo nell’area dei tempi di realizzazione degli interventi.
Autoregolamentazione (EQ)
Domanda di attualità e molto sentita in questo momento per i professionisti: le funzioni di un albo professionale sono adeguate alle caratteristiche della professione di EP? Il 76,7% si dichiara sostanzialmente d’accordo, mentre il 23,3 si dichiara poco o per niente d’accordo. Il dato si fa interessante se correlato alla distribuzione del campione tra i titoli: è diffusa la convinzione anche tra i professionisti EP socio pedagogici che un albo professionale sia adeguato alle funzioni del profilo (Figura 5).

Tre persone su quattro ritengono che altri professionisti non siano in grado di valutare le competenze di un EP nella pratica educativa.
Competenze avanzate (EQ)
Pochi dubbi per il nostro campione rispetto al fatto che il coordinamento e la responsabilità dei processi di lavororenda migliore il professionista EP (95% positivi). L’impegno dei professionisti EP nel campo della ricerca ai fini del miglioramento della pratica professionaleriporta queste risposte: per niente (2,5%), poco (15%), abbastanza (38,1%), molto (44,5%) d’accordo. In ragione del numero contenuto di nuove pubblicazioni specifiche all’anno, si può avanzare l’ipotesi che l’adesione a questa domanda sia più ideale che reale? Lo sviluppo di attività di docenza su argomenti professionali, come rinforzo dell’identità dell’EP, vede sostanzialmente d’accordo circa il 90% dei professionisti. Le cosiddette “competenze avanzate” del professionista EP emergono maggiormente consolidate nel coordinamento funzionale delle attività di EP e nella docenza, mentre sono più incerte nel campo della ricerca.
Immagine che rappresenta la professione
Per dare spazio all’immagine che ogni educatore ha della professione, il gruppo di ricerca ha inserito un item di tipo qualitativo: descrivi con un’immagine il ruolo dell’EP.
Nella fascia d’età 22-29 annisono state espresse un ampio numero d’immagini; nella seconda fascia 30-45 vi sono diverse risposte vuote che esprimono, forse, disillusione; nella terza fascia d’età si può notare un maggior numero di risposte che richiamano il concetto di educazione come ad esempio “educare vuol dire tirar fuori”, “ex-ducere”.
Tre sono le immagini più frequenti:
- Educatore come giardiniere che cura le sue piante (EP di fascia 22-30 anni);
- Educatore come guida accompagnatore (EP di fascia 30-45 anni);
- Educatore come sostegno dell’altro ad attraversare un ponte sul fiume inteso come ostacolo (EP di fascia 45-65 anni).
Validazione interna del questionario
- Statistiche descrittive e classiche dei singoli item e del questionario
L’analisi delle frequenze delle categorie di risposta agli itemha mostrato che per la totalità degli item le categorie di punteggio con la maggior frequenza di risposta sono state sempre quelle corrispondenti a una maggiore quantità d’identità professionale (punteggio 3 e 4), configurando una distribuzione di ciascun item e del punteggio totale del questionario asimmetrica a sinistra. Considerando l’intero set di item, non si sono registrati dati mancanti. Sull’analisi delle correlazioni inter-item, il valore medio delle correlazioni è stato di 0,129 (range –0,144 – 0,444). L’indice di correlazione punteggio totale della scala-item è risultato medio (correlazione media: 0,378; range 0,032 – 0,517). Infine, l’analisi della consistenza interna di affidabilità ha mostrato un valore dell’alpha di Cronbach elevato (0,803), al limite tra la precisione di misurazione a livello di gruppo e quella del singolo individuo [29 e 30].
- Rasch analysis
La Rasch analysis iniziale condotta sul set di 31 item (è stato escluso dall’analisi l’item relativo all’immagine che rappresenta la professione) ha mostrato seri problemi di non conformità al modello, fallendo i requisiti di ordine stocastico degli item (chi-quadrato = 1598,90; gradi di libertà279; p < 0,000), indipendenza locale e unidimensionalità (Proportion of Significant T-test 8,4%; Lower Bound of Binomial Confidence Interval 8%). L’analisi ha evidenziato che 8 item (26%) aderivano “troppo” al modello (il loro pattern di risposta è troppo prevedibile), 18 item (58%) avevano valori di chi-quadrato altamente significativi, segnalando così una mancanza dell’ordine stocastico degli item atteso, e 6 item (19%) avevano le soglie di punteggio disordinate.
Lo step successivo dell’analisi è stato quello di risolvere la mancanza di aderenza al modello attraverso una tecnica di creazione di due testlet (super-item),proposto da Maritz e colleghi [25], che dividesse concettualmente item simili in due testlet distinti e simili numericamente, inserendo gli item in modo alternato in ciascun testlet. Secondo gli autori citati, “questo approccio si focalizza sul punteggio totale del questionario piuttosto che sui singoli item o gruppi di item, enfatizzando la similitudine tra gli item, in quanto insieme dovrebbero misurare il concetto” di identità professionale[25].Un ulteriore vantaggio di questa tipologia di approccio è che consente un conditional test–of–fitche, a differenza di quello inconditional,rimane affidabile anche per campioni con oltre 200 osservazioni fino a 2000 [31]. Al livello di testlet analisi, la risoluzione del disordine delle soglie di punteggio degli item non ha significato, in quanto uno specifico punteggio può essere ottenuto in molti modi e quindi non viene riportato [25].
In seguito all’applicazione ditale approccio, il set di 31 item ha evidenziato una conformità al modello in termini di invarianza (chi-quadrato = 13,33; gradi di libertà18; p = 0,772), indipendenza locale e unidimensionalità (PST 5,5%; LBBCI 5%). Il conditional test-of-fit, calcolabile nell’approccio a due testlet seguito, è stato non significativo, come atteso, sia a livello dei singoli item(chi-quadrato= 531,000; gradi di libertà 1165; p=1.000) sia a livello dei class intervals (chi-quadrato= 47,36; gradi di libertà 43; p=0.299).
Infine è stata condotta un’analisi del DIF (Funzionamento Differenziale degli Item) testando i seguenti fattori personali: età, genere, titolo di studio, anzianità di servizio e area di utenza.Non si è evidenziato alcun comportamento differenziale per nessun item del questionario.

Nel grafico è mostrata l’appropriatezza del questionario al campione o “targeting”. Le osservazioni (n = 1579) e le soglie di punteggio degli item sono mostrate, rispettivamente, nella parte superiore e inferiore del grafico, separate dalla scala in logit.
Nel grafico del “targeting” o appropriatezza del questionario al campione (Figura 6) si evidenzia che i soggetti coprono un range che va da circa –1,5 logit a 3 logit, con assenza di soggetti nel pavimento (effetto pavimento 0%) e di 1 soggetto nel soffitto (effetto soffitto 0,06%). L’abilità media dei soggetti è di 1,104 logit che indica, mediamente, una maggiore quantità di identità professionale dei soggetti considerati rispetto a quanto richiesto dagli item(livello degli item settato per default a 0 logit). La reliability, espressa sia come Person Separation Index (PSI) sia come Alpha di Cronbach, è stata, rispettivamente, di 0,815 e di 0,832, entrambi indicanti una precisione di misurazione al limite tra quella a livello di gruppo e quella individuale [29 e 30]. Dato il valore di PSI, i soggetti possono essere separati in 3,1 strata, cioè in 3,1 livelli di quantità d’identità professionale statisticamente distinti che il questionario è in grado di distinguere affidabilmente.
Il set finale di 31 item, insieme al suddetto item qualitativo, ha formatoun nuovo questionario sull’identità professionale(ID_EP-32) con un punteggio totale grezzo compreso tra 0 e 87, ottenibile sommando il punteggio dei singoli item. Sulla base della taratura ottenuta, è stato possibile costruire una tabella di conversione del punteggio totale grezzo in misura di identità professionale su scala intervallare (Tabella 2) in logit, in scala originale 0-87 e in scala 0-100.
Tali misure rappresentano delle vere e proprie misure in senso scientifico della variabile sottostante “identità professionale”, al pari di quelle delle scienze fisiche (es. cm per la variabile “altezza”). Il loro utilizzo rappresenta una condizione essenziale per la corretta interpretazione dei cambiamenti della variabile nel tempo e tra soggetti [31], così come per l’utilizzo appropriato di statistiche parametriche (es. analisi della varianza) [22, 25, 32].
Punteggio totale grezzo | Misura logit | Misura 0-87 | Misura 0-100 | Punteggio totale grezzo | Misura logit | Misura 0-87 | Misura 0-100 |
0 | -1.930 | 0 | 0 | 45 | -0.646 | 19 | 22 |
1 | -1.751 | 3 | 3 | 35 | -0.544 | 21 | 24 |
2 | -1.633 | 4 | 5 | 46 | -0.504 | 21 | 24 |
3 | -1.556 | 6 | 6 | 47 | -0.440 | 22 | 25 |
4 | -1.494 | 6 | 7 | 48 | -0.384 | 23 | 26 |
5 | -1.442 | 7 | 8 | 49 | -0.326 | 24 | 27 |
6 | -1.396 | 8 | 9 | 50 | -0.268 | 25 | 28 |
7 | -1.354 | 9 | 10 | 51 | -0.208 | 26 | 29 |
8 | -1.314 | 9 | 11 | 52 | -0.146 | 26 | 30 |
9 | -1.272 | 10 | 11 | 53 | -0.082 | 27 | 32 |
10 | -1.229 | 10 | 12 | 54 | -0.017 | 28 | 33 |
11 | -1.183 | 11 | 13 | 55 | 0.050 | 29 | 34 |
12 | -1.080 | 13 | 14 | 56 | 0.118 | 30 | 35 |
13 | -0.932 | 15 | 17 | 57 | 0.189 | 31 | 36 |
14 | -0.893 | 15 | 18 | 58 | 0.261 | 33 | 37 |
15 | -0.886 | 15 | 18 | 59 | 0.335 | 34 | 39 |
16 | -0.875 | 16 | 18 | 60 | 0.410 | 35 | 40 |
17 | -0.867 | 16 | 18 | 61 | 0.488 | 36 | 41 |
18 | -0.860 | 16 | 18 | 62 | 0.566 | 37 | 43 |
19 | -0.859 | 16 | 18 | 63 | 0.647 | 38 | 44 |
20 | -0.852 | 16 | 18 | 64 | 0.729 | 39 | 45 |
21 | -0.849 | 16 | 18 | 65 | 0.813 | 41 | 47 |
22 | -0.844 | 16 | 19 | 66 | 0.898 | 42 | 48 |
23 | -0.832 | 16 | 19 | 67 | 0.985 | 43 | 50 |
25 | -0.830 | 16 | 19 | 68 | 1.073 | 45 | 51 |
24 | -0.827 | 16 | 19 | 69 | 1.163 | 46 | 53 |
27 | -0.820 | 16 | 19 | 70 | 1.254 | 47 | 54 |
26 | -0.818 | 17 | 19 | 71 | 1.347 | 49 | 56 |
28 | -0.809 | 17 | 19 | 72 | 1.440 | 50 | 57 |
30 | -0.806 | 17 | 19 | 73 | 1.536 | 51 | 59 |
29 | -0.805 | 17 | 19 | 74 | 1.632 | 53 | 61 |
31 | -0.802 | 17 | 19 | 75 | 1.729 | 54 | 62 |
32 | -0.797 | 17 | 19 | 76 | 1.828 | 56 | 64 |
33 | -0.792 | 17 | 19 | 77 | 1.928 | 57 | 66 |
34 | -0.788 | 17 | 19 | 78 | 2.031 | 59 | 68 |
37 | -0.772 | 17 | 20 | 79 | 2.136 | 60 | 69 |
36 | -0.771 | 17 | 20 | 80 | 2.247 | 62 | 71 |
38 | -0.766 | 17 | 20 | 81 | 2.364 | 64 | 73 |
39 | -0.759 | 17 | 20 | 82 | 2.494 | 66 | 75 |
40 | -0.753 | 17 | 20 | 83 | 2.641 | 68 | 78 |
41 | -0.741 | 18 | 20 | 84 | 2.818 | 70 | 81 |
42 | -0.733 | 18 | 20 | 85 | 3.048 | 74 | 85 |
43 | -0.724 | 18 | 21 | 86 | 3.399 | 79 | 91 |
44 | -0.711 | 18 | 21 | 87 | 3.933 | 87 | 100 |
Conclusioni
Attraverso lo studio della letteratura edei principali riferimenti della professione, è stato possibile concettualizzare l’identità professionale dell’Educatore professionale attraverso un modello costituito da quattro sottodimensioni (SD) e dodici elementi qualificanti (EQ). La validità di tale modello è stata testata generando un questionario a 32 item (Id-Prof_EP-32), poi somministrato ad un campionedi 1579 professionisti, rappresentativo della popolazione italiana degli EP.Attraverso la Rasch analysis, è stato condotto uno studio della validazione interna dell’Id–Prof_EP-32, che si è confermato un questionario unidimensionale affidabile. Tale risultato consente indirettamente di confermare la validità del modello di IP dell’EP proposto e di dichiarare possibile la misurazione di tale variabile.L’avere a disposizione delle vere e proprie misure in senso scientifico della variabile sottostante “identità professionale”, al pari di quelle delle scienze fisiche, come ad esempio cm per la variabile “altezza”, consente la corretta interpretazione dei cambiamenti della variabile nel tempo e tra soggetti.
I risultati del questionario fanno emergeremolteplici elementi d’identità professionale condivisi nella maggior parte dei partecipanti alla consultazione. Emergono altresì alcuni tratti divergenti che possono essere compresi nella situazione d’incertezza normativa alla quale la professione è sottoposta.
Riconoscimenti
ANEP, Associazione Nazionale Educatori Professionali (Associazione maggiormente rappresentativa gli EP italiani), che ha messo a disposizione risorse materiali e tecniche (licenza JotForm per questionario on line).
Gli autori Barbour JB. & Lammers JC per aver messo a disposizione il proprio questionario d’indagine utilizzato nell’articolo di cui riferimento in bibliografia.
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